di Vittorio Baroni*
Il 4 settembre 2025 nella Chiesa di San Francesco, a Pirano in Istria, avviene un fatto storico, culturale, religioso e diplomatico di notevole rilevanza: la restituzione della Pala di Vittore Carpaccio, intitolata “Madonna col Bambino, i santi Ambrogio, Pietro, Francesco, Antonio, Chiara, Giorgio e due angeli musicanti”.
Lo scorso 30 agosto, nella Sala Studio Teologico della Pontificia Basilica di Sant’Antonio di Padova, è stato celebrato il memorabile evento del “Saluto a Carpaccio”, dedicato al ritorno della pala “dov’era” nell’incantevole città istriana della costiera slovena.
Ancora in Istria, il prossimo 11 settembre, si terrà la visita del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella. Insieme all’omologa slovena Nataša Pirc Musar parteciperà alla cerimonia d’inaugurazione del restaurato Collegio dei Nobili a Capodistria, luogo emblematico della Serenissima promosso e supportato dalla Repubblica di Venezia per formare i giovani esponenti delle famiglie più influenti. La fondazione avvenne nel 1612 su esplicito ordine del Senato veneziano, che voleva creare un’istituzione scolastica pubblica e con fondi statali a Capodistria.
Questo intreccio di eventi, basati su 500 anni Patrimonio Culturale della Serenissima, sottolinea il ruolo centrale della cultura come strumento di dialogo, memoria condivisa e cooperazione transnazionale. Lo splendido capolavoro della pittura veneziana assume oggi un valore che va oltre l’arte, diventando emblema di un’identità che ha saputo resistere al tempo e alle fratture della storia.
Carpaccio fu artista adriatico per vocazione, capace di intrecciare in un unico respiro Venezia, l’Istria e la Dalmazia visto che sue opere si trovano anche a Zara e Capodistria. La sua pittura è segno vivo di una radice comune che unisce le due sponde dell’Adriatico in un abbraccio senza tempo.
Vittore Carpaccio e la storia della pala di Pirano
Un capolavoro per Pirano
La pala di Vittore Carpaccio, realizzata nel 1518 per la Chiesa di San Francesco a Pirano, rappresenta uno degli ultimi capolavori del pittore veneziano. Su invito della Diocesi di Capodistria, Carpaccio giunse a Capodistria da Venezia, dove realizzò una serie di opere e vi trascorse l’ultimo decennio della sua vita. L’opera raffigura la Madonna col Bambino tra santi e angeli musicanti, sullo sfondo di una dettagliata veduta della città istriana. Composta secondo lo stile delle sacre conversazioni rinascimentali, la pala si distingue per l’accuratezza prospettica, l’eleganza cromatica e la forte connotazione identitaria, evidenziata dalla presenza di san Giorgio, patrono di Pirano, e da elementi iconografici rari, come san Ambrogio.
La cappella e la collocazione originaria
Commissionata dai francescani, l’opera era probabilmente destinata all’altare maggiore e inserita in una ricca edicola in pietra in stile lombardesco veneziano. Nel tempo, vari rifacimenti alterarono l’assetto originario. L’attuale cappella, costruita nel 1887 in stile neorinascimentale con parti dell’antica struttura, ospitò la pala fino al 1940, quando fu rimossa per motivi di sicurezza per proteggerla dai rischi della guerra.
La guerra e il trasferimento in Italia
Con l’inizio della Seconda guerra mondiale, la pala fu trasferita il 20 giugno 1940 a Villa Manin (Udine), come parte del piano di messa in sicurezza delle opere d’arte del territorio Giuliano. Dopo l’armistizio del 1943, vista l’impossibilità di restituirla ai frati di Pirano poiché furono incarcerati dalle SS, l’opera fu consegnata al convento del Santo a Padova. Qui fu custodita al riparo nei magazzini, ma non accessibile al pubblico.
Riscoperta, restauri e valorizzazione
Nel 1995, con l’apertura del Museo Antoniano a Padova, nacque l’idea di valorizzare la pala e stimolare il dialogo tra Italia e Slovenia per una possibile restituzione. Restaurato nel 2000, il capolavoro fu esposto accanto alle pale delle cappelle radiali della basilica e divenne oggetto di studi e iniziative congiunte, tra cui due convegni scientifici promossi da studiosi italiani e sloveni. Un secondo intervento di manutenzione fu realizzato nel 2023, in occasione della mostra monografica a Venezia su Carpaccio nella sede di Palazzo Ducale.
Verso il ritorno a Pirano
Il percorso di restituzione, fortemente voluto dalla Provincia Italiana di Sant’Antonio di Padova dei Frati minori conventuali e dal Museo Antoniano, si è intrecciato con il processo di restauri del complesso conventuale di Pirano alla Provincia Francescana Slovena, avviato dopo la caduta della Jugoslavia. Il dialogo tra i frati di Padova, il Governo italiano e le autorità slovene ha gradualmente costruito le condizioni per un ritorno condiviso, che culminerà tra pochi giorni. La restituzione. La pala, divenuta simbolo di identità storica e cooperazione culturale, tornerà così nella chiesa per cui era stata concepita, restituendo alla Comunità Piranese un tassello fondamentale del proprio patrimonio spirituale e artistico.
Carpaccio, Capodistria e l’Adriatico
Secondo le fonti biografiche, Vittore Carpaccio trascorse gli ultimi anni a Capodistria, dove morì probabilmente intorno al 1525-1526. La città, nata in epoca romana come Capris, piccola isola fortificata, nel Medioevo assunse il nome di Caput Histriae, divenendo centro politico e religioso dell’intera regione. Con la Repubblica Serenissima conobbe poi il suo massimo splendore come porto strategico e cuore culturale adriatico. Il luogo della sepoltura di Carpaccio resta avvolto nel mistero. Non esistono evidenze certe né in Istria né a Venezia. Ma forse è proprio questo silenzio a renderlo ancor più “artista dell’Adriatico” dove la sua eredità continua a vivere sulle due sponde.
Le ragioni a favore della restituzione a Pirano
Le motivazioni a sostegno del ritorno della pala a Pirano si basano su diversi livelli di ragioni.
- Titolarità e legittimità – La pala è nata per la chiesa di Pirano ed è parte integrante della Comunità locale, in sostanza la restituzione rappresenta un ritorno a casa.
- Contesto storico – Il trasferimento durante la guerra fu necessario, ma la pace consente di restituire l’opera al suo luogo d’origine.
- Memoria dell’esodo e delle perdite – La pala è un’opera religiosa e devozionale, il gesto di restituzione contribuisce a ricomporre la memoria e rafforzare l’identità locale.
- Diplomazia e simbolismo – La restituzione è un esempio di diplomazia culturale e fiducia reciproca, rafforzata dalla coincidenza con la visita presidenziale.
- Natura dell’opera – Essendo destinata a una chiesa specifica, l’opera ha una funzione religiosa e artistica inscindibile.
- Doppia appartenenza – L’opera intesa come veneziana-italiana e piranese-istriana-slovena con garantito il pieno riconoscimento della minoranza italiana in Slovenia, va inteso come bene condiviso da valorizzare in chiave di cooperazione culturale e visibilità internazionale.
- Ferite e ponti tra le due sponde adriatiche – Si tratta di un gesto importante orientato al superamento delle ferite del ‘900 nella prospettiva di un futuro comune di pace e collaborazione che, grazie a Carpaccio, ci collega anche alla Dalmazia.
- Ruolo della Chiesa – L’accordo tra le province francescane di Padova e della Slovenia facilita il dialogo e la gestione transnazionale dell’opera di Carpaccio.
- Le norme – I rapporti tra Italia e Slovenia in materia di beni culturali sono regolati da una rete di trattati e accordi: dal Trattato di Osimo (1975) agli accordi culturali degli anni ’90 e 2000, fino alle convenzioni internazionali come UNIDROIT e la Convenzione europea di Faro.
Punti di debolezza delle posizioni contrarie alla restituzione
Alcune posizioni contrarie si fondano su argomenti chiave come ad esempio: la titolarità italiana perché l’opera fu trasferita in Italia nel 1940; la protezione garantita durante la Seconda Guerra Mondiale; la memoria dolorosa degli Esuli Giuliano-Dalmati; il valore nazionale e non esportabile dell’opera.
Tuttavia, questi argomenti presentano alcuni punti di debolezza:
- la titolarità ignora il valore identitario e storico di Pirano, città storicamente legata alla Serenissima e di cui l’opera di Carpaccio ne esprime il profondo significato da più di cinque secoli.
- il trasferimento, pur giustificato nel passato, non esclude oggi la possibilità di un ritorno;
- il gesto di restituzione riguarda un’opera religiosa, diversa da beni confiscati, e può ricomporre la memoria invece di riaprire ferite;
- le posizioni contrarie non sono unitarie, nel senso che non sono condivise dalle maggiori associazioni rappresentative degli Esuli Giuliani, Fiumani e Dalmati e dell’Unione Italiana di Slovenia e Croazia;
- la restituzione è un’opportunità di cooperazione e dialogo transnazionale, l’opporsi in modo polemico rischia di essere interpretato come azione strumentale per secondi fini;
- la riconciliazione per superare le contrapposizioni ideologiche del dopoguerra è un elemento cardine della Legge 30 marzo 2004, n. 92 “Giorno del Ricordo”
- la natura religiosa e identitaria dell’opera va oltre la mera tutela giuridica.
Partecipazione del Patrimonio Culturale con la Convenzione europea di Faro
Firmata nel 2005 e ratificata da Italia e Slovenia, la Convenzione europea di Faro rappresenta un fondamentale punto di riferimento per la gestione del Patrimonio Culturale. Essa promuove il riconoscimento patrimoniale come risorsa condivisa e sottolinea il diritto di tutti i cittadini a partecipare alla vita culturale e alla tutela dei beni.
Applicare i principi di Faro al caso della pala di Carpaccio significa guardare all’opera non solo come a un oggetto da conservare, ma come a un simbolo che unisce culture e comunità da oltre cinque secoli, promuovendo una gestione condivisa e inclusiva, capace di superare le divisioni generate nell’ultimo secolo. L’energia della cultura è più forte delle ideologie divisive.
In questo senso, il Patrimonio Culturale non è solo proprietà di qualcuno, ma un bene comune che favorisce l’identità collettiva, la coesione sociale e il dialogo interculturale. La partecipazione civica, enfatizzata dalla Convenzione di Faro, permette di coinvolgere le comunità locali — e in particolare le nuove generazioni — nella conoscenza, nella salvaguardia e nella valorizzazione delle opere d’arte.
La Comunità degli Italiani di Pirano e principio di Sussidiarietà
La Comunità degli Italiani “Giuseppe Tartini” di Pirano rappresenta una significativa minoranza che si attesta a circa il 4% della popolazione e il 7% dei residenti madrelingua italiani (ultimi dati disponibili del 2001).
In merito al ritorno della pala di Carpaccio, la Comunità potrà svolgere un ruolo decisivo nella valorizzazione identitaria del capolavoro poiché, nel promuovere attivamente una molteplicità di attività culturali, custodisce l’identità culturale e storica della Serenissima e degli italiani a Pirano.
In questa prospettiva il principio europeo di Sussidiarietà sottolinea l’importanza di coinvolgere e responsabilizzare le comunità locali nella gestione dei beni culturali, riconoscendo che le decisioni devono essere prese il più vicino possibile ai cittadini interessati. Applicato a questo caso, significa che la restituzione della pala andrebbe accompagnata e guidata proprio da chi vive quotidianamente la storia, la cultura e la spiritualità di Pirano.
Carpaccio anche in Dalmazia, gli antichi legami con Venezia
Il legame di Vittore Carpaccio con l’Adriatico orientale non si esaurisce a Pirano e con la pala di Capodistria del 1516 . In Dalmazia l’artista lasciò tracce significative. A Zara dipinse intorno al 1480–1490 il Polittico di San Martino per la cattedrale, oggi custodito nel Museo d’Arte Sacra, che rivela la capacità di coniugare devozione locale e linguaggio veneziano.
Ancora più forte è il legame con la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni a Venezia, confraternita dei Dalmati. Qui, tra il 1502 e il 1507, realizzò il celebre ciclo narrativo dedicato ai santi Giorgio, Trifone e Girolamo, patroni dell’altra sponda adriatica.
Queste opere dimostrano che la sua impronta rimane indelebile e come Carpaccio fosse artista “adriatico” per eccellenza, capace di tenere insieme Venezia, Istria e Dalmazia in una rete culturale che, oggi nel contemporaneo, assume un’importanza strategica sotto molteplici punti di vista.
Conclusione
La vicenda della pala di Carpaccio non è solo una questione di proprietà o diritto, ma un esempio emblematico di come l’arte possa costruire ponti tra popoli, culture e comunità.
Il ritorno della pala a Pirano, oltre a restituire un capolavoro al suo luogo d’origine, rappresenta una valida opportunità per rafforzare la memoria storica, promuovere la diplomazia culturale e valorizzare il Patrimonio Culturale europeo come bene comune.
In un’Europa che ancora deve fare i conti con le cicatrici del Novecento (e putroppo con diversi aspetti irrisolti che si trascinano dal dopoguerra e ai quali si dovrà dare risposta) il gesto di riconciliazione e collaborazione culturale tra Italia e Slovenia apre nuovi orizzonti. Questa restituzione alla Città di Pirano diventa un messaggio di pace e speranza per le generazioni presenti e future, italiane e slovene, cioè europee.
Vittore Carpaccio, dopo cinque secoli, si può dire che rappresenta un eccellente facilitatore della “riconciliazione adriatica” in chiave europea, come lo è davvero tutta l’importante eredità del Patrimonio Culturale della Serenssima che non finisce mai di immagarci.


*Vittorio Baroni è un “Esule di seconda generazione”, nato a Venezia nel 1967 dove risiede. Padre, nonni e famiglia profughi dalla martoriata Zara dove persero tutto. È componente del Consiglio Direttivo dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo già LCZE. Laureato in Scienze della Formazione con il massimo dei voti e lode all’Università Pontificia Salesiana, indirizzo Pedagogia Sociale e Culturale. Professionista abilitato alla Comunicazione Pubblica. Lavora per enti e imprese, autore di progetti europei e libri educativi. Impegnato a costruire ponti tra le due sponde adriatiche con le associazioni degli Esuli, le Comunità degli Italiani, le diplomazie e i media.